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      Home AMBIENTE

      Agricoltura Biologica

      Jean Paul Vanoli by Jean Paul Vanoli
      01/10/2020
      in AMBIENTE
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      A cura Istituto Biologico Italiano
      http://www.eticamente.net/40442/guida-per-lorto-sinergico-come-realizzare-lorto-piu-naturale-assoluto.html

      Introduzione – vedi anche: OGM alimenti NOCIVI !

      Un milione di ettari coltivati (7,5% del totale), 50.000 aziende, 1000 punti vendita, fatturato di alcune migliaia di miliardi.
      È il biologico italiano, che copre praticamente tutti i prodotti alimentari: dagli ortaggi alla carne, dalla frutta alla pasta, dalle bibite al latte, dal pane ai formaggi ai salumi, eccetera, eccetera. Non una moda, ma una significativa fetta del mercato agroalimentare nazionale.
      I prodotti biologici sono il frutto dell’agricoltura, dell’allevamento e dell’industria di trasformazione biologici.
      Per apprezzare i prodotti biologici è necessario conoscere qualcosa dell’agricoltura. Nel ventesimo secolo la scienza ha messo a punto un sistema di produzione agricola che non danneggia l’ambiente, non avvelena l’organismo e fornisce alimenti di qualità nutrizionale elevata. Si tratta dell’agricoltura biologica.
      L’aggettivo biologica vuole sottolineare lo stretto rapporto fra il metodo di coltivazione e i risultati scientifici dell’ultimo mezzo secolo, soprattutto quelli della biologia. La scienza moderna ha cambiato atteggiamento riguardo alle coltivazioni: non tratta più le piante in termini di dare/avere chimico, ma in termini di operazioni che rispettino i complessi equilibri biologici fra specie diverse di animali e vegetali. È interessante notare come taluni accorgimenti dell’agricoltura biologica riecheggino tecniche agricole tradizionali, dell’agricoltura preindustriale; secoli di esperienza hanno portato il contadino a seguire gli equilibri ecologici del terreno, pena la sua improduttività. È un sapere antico e importante. Ma non va confuso assolutamente con le basi scientifiche dell’agricoltura biologica: insomma non siamo in presenza di un ritorno al passato, ma di una tecnica modernissima.
      I prodotti biologici hanno qualità nutrizionali superiori rispetto a quelli dell’agricoltura convenzionale, perché contengono più vitamine, più oligoelementi, spesso hanno un gusto decisamente migliore e contengono meno acqua.
      Ci sarebbe da stupirsi, se non fosse così, visto il modo molto più attento, curato, intelligente e scientificamente rispettoso della biologia col quale il metodo biologico tratta gli organismi vegetali e il terreno. Per di più l’agricoltura biologica fa espressamente divieto di usare prodotti transgenici (OGM) e radiazioni ionizzanti (per la conservazione). Infine non inquina l’ambiente e quindi non è causa delle malattie provocate dall’inquinamento chimico.

      I Punti Fondamentali da Sapere
      — L’agricoltura biologica è un metodo di coltivazione radicalmente diverso da quello chimico, perché non usa composti chimici  di sintesi.

      — È un metodo che rispetta la biologia di piante e animali e soprattutto cura il terreno.
      — È l’unico tipo di agricoltura che controlla una per una tutte le aziende agricole.
      — È l’unico metodo di produzione agricola stabilito per legge (Regolamenti 2092 deI 1991 e 1804 del 1999 della Comunità europea)
      — È un sistema che certifica il modo di produrre, attraverso etichette speciali che devono comparire su ogni prodotto confezionato.
      — L’uso della parola “biologico” è regolamentato in modo rigido dalla legge.
      — I prodotti biologici devono essere venduti in confezioni chiuse (compresi i prodotti freschi), a meno che non si tratti di vendita diretta da parte di un produttore. Pertanto nei supermercati e nei negozi di alimentari convenzionali non si possono vendere prodotti sfusi. Lo stesso vale per i negozi del biologico, a meno che il negozio non sia esso stesso certificato.
      In tal caso è ammessa la vendita dei prodotti sfusi.

      In etichetta
      Un prodotto è biologico se riporta in etichetta le seguenti diciture:

      — da agricoltura biologica;
      — regime di controllo Cee, controllato da uno dei dieci organismi riconosciuti in Italia,
      — un codice come il seguente:

      IT AIB B332 T00 10037
      Se si hanno dei dubbi ricordiamo che la presenza del codice toglie ogni incertezza.

      >>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

      Organismi di controllo
      Il controllo delle aziende agricole biologiche è svolto da strutture indipendenti, autorizzate dal Ministero italiano delle Politiche agricole.

      Per ricevere l’autorizzazione dal Ministero, e per poter svolgere il proprio compito, ogni organismo di controllo deve possedere una struttura formata da tecnici, personale amministrativo, archivi vari e uffici periferici (regionali).
      Un organismo di controllo è una struttura assolutamente privata, che si mantiene con le quote di coloro che chie­dono il controllo.
      Un organismo di controllo è a sua volta controllato periodicamente dal Ministero.
      Ogni organismo di controllo ha un proprio codice, che si deve trovare nelle etichette dei prodotti controllati dall’ organismo stesso.
      Nella provincia autonoma di Bolzano sono riconosciuti anche gli organismi Biozert e Imo

      I maggiori organismi di controllo italiani e relativo codice di identificazione

      CODICE

      ORGANISMO

      IT AIB Aiab (Associazione italiana per l’Agricoltura biologica)
      IT ASS Suolo e Salute
      IT BSI Bios
      IT BAC Bioagricert
      IT CPB Ccpb (Consorzio per il controllo dei prodotti biologici)
      IT CDX Codex
      IT ECO Ecocert
      IT QCI QC%I  (Quality assurance system international services)
      IT IT IMC Imc

      ETICHETTATURA:

      Innanzitutto nelle etichette si troverà l’aggettivo biologico soltanto accompagnato dal sostantivo agricoltura. Più precisamente la frase ammessa sarà: proveniente da agricoltura biologica, ma soltanto se il produttore rientra nel registro dei produttori biologici del Ministero delle politiche agricole e perciò è sotto la vigilanza di un organismo di controllo.
      In secondo luogo tale dicitura si può usare affiancata al nome del prodotto se almeno il 95% degli ingredienti di origine agricola è di tipo biologico.
      Se invece ne contiene meno del 95% (ma più del 70%), la frase da agricoltura biologica va usata soltanto nella lista degli ingredienti,
      con caratteri delle stesse dimensioni di quelli degli ingredienti.
      Se il prodotto contiene meno del 70% di ingredienti agricoli biologici, non si può assolutamente fare alcun cenno al metodo di produzione biologico.

      I regolamenti base
      Reg. Cee 2092/9 1
      Il regolamento Cee 2092 è la legge base che regola la produzione biologica nella Comunità europea. E stato emanato nel 1991.

      Ha avuto più di trenta modifiche fra il 1991 e il 2001. Si applica ai prodotti che portano sull’etichetta l’indicazione del metodo di produzione biologico. Riguarda prodotti vegetali e prodotti trasformati che contengano ingredienti vegetali.
      Le parti fondamentali di questa legge riguardano: il sistema di controllo, le etichette (e la pubblicità), norme di produzione di sementi e piante, norme di conversione di un terreno all’agricoltura biologica, norme per conservare la fertilità del terreno, la lotta contro i parassiti, le malattie e le piante infestanti.
      In alcuni allegati al regolamento sono riportati gli elenchi dei prodotti naturali che si possono usare in agricoltura biologica (per la concimazione, per la difesa in caso di malattia, come additivi innocui, come eccipienti); ad esempio: carbonato di sodio, agar, pectina, azoto ecc.
      Si tratta di elenchi chiusi, cioè si possono usare solo le sostanze che vi sono contenute e solo allo scopo previsto in elenco. A volte solo per una determinata coltivazione oppure solo fino ad un anno definito, oppure solo su autorizzazione dell’Organismo di controllo.

      Reg.Ce 1804/99
      Nell’agosto 1999 è uscito il regolamento della Comunità europea (n. 1804/99) sui prodotti animali.

      Il regolamento riguarda bovini, suini, ovini e caprini, equini, pollame e api. Sono esclusi i conigli, che nel resto d’Europa non si mangiano.
      Innanzi tutto il regolamento vieta di tenere gli animali in allevamenti intensivi, sempre al chiuso e senza rispettare le loro più elementari esigenze. Una norma importante riguarda l’alimentazione: gli animali possono mangiare di tutto purché provenga da agricoltura biologica, a patto che almeno il 60% della razione sia costituita da foraggi freschi o insilati o essiccati. Esistono delle deroghe: ancora per qualche anno è ammesso l’utilizzo di 10-20% di alimenti convenzionali (cioè non biologici). L’elenco degli alimenti ammessi è riportato dettagliatamente: si tratta di tutti i prodotti vegetali e di alcuni prodotti animali (pesce, latte e derivati).
      Per quanto riguarda invece i trattamenti sanitari si punta molto sulla prevenzione (proprio come per le coltivazioni) e su terapie naturali, come l’omeopatia.
      Il benessere degli animali è salvaguardato da varie norme. Per esempio tutti i mammiferi devono avere la possibilità di uscire nel terreno a pascolo ogni volta che è possibile. Comunque possono essere tenuti nelle stalle per un massimo di 1/5 della loro vita media (bovini e suini). Altre norme descrivono dettagliatamente la superficie minima coperta da assegnare a ogni animale nelle stalle.
      Il regolamento stabilisce inoltre norme per le api.

      Agricoltura biologica e Ogm
      Il Reg. 1804 contiene alcune modifiche al Reg. 2092, la più importante delle quali è il divieto di usare in agricoltura biologica organismi modificati geneticamente o prodotti da essi derivati.

      La filosofia dell’agricoltura biologica è agli antipodi rispetto alle manipolazioni genetiche, anche se nel Reg. 2092 non se ne fa quasi cenno (nel 1991, data di uscita del Reg. 2092, il problema non era così impellente). Questa opposizione appare evidente proprio nel nuovo regolamento sulla zoo­tecnia. Il divieto di utilizzo di Ogm in agricoltura biologica è infatti l’unica norma che è entrata in vigore immediata­mente, il giorno stesso della pubblicazione del Reg. 1804 sulla Gazzetta Ufficiale della Comunità europea: 24 agosto 1999.

      Il termine “biologico”
      L’aggettivo biologico deriva da biologia, la scienza che studia gli esseri viventi. Dal 1991 però ha assunto un altro significato specifico, indica un prodotto alimentare proveniente dall’agricoltura biologica. La legge che definisce l’uso del termine biologico è il già citato Reg. Cee 2092.
      Il legislatore ha tenuto a disciplinare molto rigidamente l’uso del termine “biologico”, limitando tale uso al metodo di produzione agricola. Perciò non si troverà mai scritto in etichetta: riso biologico, arance biologiche, grissini biologici ecc. perché è proibito.
      È permesso soltanto: “arance provenienti da agricoltura biologica”,”riso proveniente da agricoltura biologica” ecc.
      È anche vero che nel linguaggio comune si usa tranquillamente la denominazione “prodotti biologici”,”biscotti biologici”, “latte biologico” ecc. Si tratta di un uso improprio del linguaggio parlato, non di legge; consentito nel linguaggio, è proibito nelle etichette e nella pubblicità.

      Regole dell’ agricoltura biologica:

      1. Uso delle difese proprie delle colture e del suolo per la prevenzione da parassiti, malattie, erbe infestanti; uso delle consociazioni vegetali.
      2. Mantenimento dell’equilibrio del terreno.
      3. Fertilizzazione del terreno (e non delle piante) soltanto con materie organiche e minerali naturali.
      4. Uso di tecniche di lavorazione dolci: il terreno è un organismo vivente.
      5. Esclusione della monocoltura e trasformazione dell’azienda agricola in un organismo differenziato, ecologicamente completo e perciò complesso (vegetazione, insetti, fauna, bosco, siepi, fossi).
      6. Coltivazioni esenti da prodotti chimici di sintesi (cioè artificiali, costruite nei laboratori chimici).In sostanza l’agricoltura biologica è andata alla ricerca di come funziona la natura, nei suoi delicati meccanismi, per poter produrre alimenti per l’uomo in modo continuo, senza rischiare di rovinare il terreno. Si vuole cioè che anche i nostri figli e i nostri nipoti possano utilizzare lo stesso nostro terreno. E questo avviene solo se si producono alimenti rispettando le leggi ecologiche del terreno stesso. Dunque si cura innanzi tutto il terreno, considerandolo un organismo vivente e non un substrato inerte.

      La difesa delle coltivazioni
      La difesa delle specie coltivate deve essere fatta attraverso:

      1. il mantenimento dell’equilibrio fisico, chimico e biologico del suolo.Terra malata produce piante malate; terra sana fa crescere piante più resistenti.
      2. la scelta di specie adatte al clima e al luogo. Di ogni specie si sceglieranno varietà locali, anche se dovessero rendere meno di quelle superselezionate.
      3. le consociazioni vegetali. Una grande conquista è quella di mettere a coltivazione piante diverse, in stretto contatto.Ciò comporta una miglior difesa dai parassiti, dalle malattie e rese maggiori. Per esempio la dorifora danneg­gia molto meno le patate se queste sono circondate da orzo. Pertanto: no alla monocoltura.
      4. la semina di piante concorrenti con quelle infestanti, per occupare preventivamente la loro porzione di suolo.
      5. scelta accurata dei tempi di lavorazione del terreno.
      6. l’eliminazione di tutte le condizioni che favoriscono il parassitismo, il cattivo drenaggio dell’acqua, la ripetizione della stessa coltura sullo stesso terreno, l’uso di letami non compostati
      7. l’esclusivo uso sul terreno di operazioni meccaniche oppure di preparati antiparassitari vegetali minerali di provenienza naturale.

      La salvaguardia del terreno
      Deve avvenire attraverso:

      1. la rotazione delle colture: studi accurati hanno mostrato quale coltura deve precedere una data e quale seguirla, per reintegrare il terreno di quegli elementi sottratti da una specie vegetale;
      2. la concimazione verde: seminare alcune specie (soprattutto leguminose) interrandole una volta giunte a maturazione;
      3. la copertura del suolo con uno strato di vegetali o paglia; ciò impedisce la crescita di malerbe, ma permette la conservazione dell’umidità e la respirazione del terreno.

      Fertilizzare
      Lo si deve fare soltanto in modo organico, attraverso le tecniche opportune.

      1. Compostaggio in cumulo. Si mescolano sostanze organiche animali e vegetali (erba, letame, foglie, ceneri, ossa macinate,paglia eccetera) con terreno agrario. Si lascia il tutto a fermentare per mesi, Il prodotto ottenuto viene incorporato nel terreno solo superficialmente: si tratta di un ottimo fertilizzante.
      2. Compostaggio in superficie: si sparge direttamente sul terreno un sottile strato di materia organica fresca, incorporandolo appena nel terreno.
      3. Apporto di sostanze minerali: si tratta di rocce macinate, usate per equilibrare il terreno in tutte le sue componenti.Ciò garantisce la presenza di tutti quei microelementi (una ventina) che l’agricoltore biologico tiene sotto controllo, perché sono indispensabili al terreno. Esattamente come Io sono azoto fosforo e potassio. La loro presenza (dei microelementi, intendiamo) serve a produrre alimenti di alto valore nutritivo e non alimenti qualitativamente scadenti, apportatori solo di calorie vuote.La fertilizzazione biologica avviene esclusivamente con materie organiche (animali e vegetali) e con minerali naturali che ricostituiscono il terreno agrario e non sono immediatamente disponibili per le piante.Qui sta la grande differenza, l’agricoltura biologica fertilizza il terreno, più che le piante.

      Tecniche di lavorazione:

      Il terreno agrario è un sistema ecologico enormemente complesso e delicato. Il suolo è in sostanza vivo ed è di per se uno straordinario laboratorio chimico naturale.
      La fertilità del suolo è il risultato della cooperazione di miliardi di individui per metro quadrato: avete letto bene, in un metro quadrato di terreno (e nello spessore di alcune decine di centimetri) ci sono miliardi di individui, quali batteri, funghi, alghe, insetti, acari, vermi, lombrichi, piccoli roditori e rettili che lavorano per la fertilità del terreno.
      Che effetto può avere un trattore da 180 cavalli, munito di un vomere da 50 o perfino 80 cm? Devastante.
      Inoltre esiste anche nel terreno, nella sua parte minerale, una struttura fisica delicata, formata da argilla, sabbia, limo, humus, acqua e aria: il tutto strutturato in micro-gomitoli spugnosi.
      Infine il terreno è disposto a strati, che sono disposti ordinatamente, procedendo in profondità, cinque o sei livelli che non possono essere sovvertiti, pena la morte degli organismi viventi ospitati.
      Il terreno va aerato, dunque, non rivoltato profondamente. Le radici delle piante, col loro lento lavoro di penetrazione nel terreno, possono sostituire egregiamente il lavoro di grandi macchinari. Ecco la necessità di consociazioni di piante, con sistemi di radici diverse.
      Ecco la necessità di interventi dolci, macchine leggere, aratri poco profondi, passaggi poco frequenti sul terreno, eventualmente uso di pneumatici larghi e a bassa pressione.

      Ecosistemi
      L’azienda agricola biologica è un ecosistema, un organismo vivente. Ciò comporta alcune scelte:

      1. no alla monocoltura, perché sconvolge l’equilibrio ecologico di natura;
      2. sviluppo delle siepi: le aziende devono essere protette da siepi che le schermino da fonti di inquinamento esterne. in aggiunta e siepi costituiscono l’ habitat di numerose se specie animali, indispensabili all’equilibrio ecologico del terreno. E poi le siepi mitigano freddo e caldo e trattengono l’umidità.

      L’azienda agricola biologica tende ad essere un ecosistema ricco del maggior numero di specie animali e vegetali.
      Ciò costituisce un elemento di controllo delle specie infestanti e parassite, mediante equilibri naturali.
      Esperimenti hanno dimostrato che per ogni metro di altezza di una siepe opportuna, si controllano gli insetti dannosi del terreno a fianco fino a una distanza di dieci metri.

      No ai prodotti chimici di sintesi
      Le coltivazioni devono essere esenti da trattamenti con prodotti chimici di sintesi.
      In agricoltura biologica non vengono usati antiparassitari, fitofarmaci, concimi chimici, diserbanti chimici: questi si chiamano prodotti chimici di sintesi, cioè creati artificial­mente nei laboratori. Neanche dopo il raccolto sono ammessi conservanti.
      Nei casi in cui ci sia una probabilità elevata di perdita del raccolto, i contadini biologici hanno accumulato un’ampia gamma di tecniche protettive, intelligenti, che non fanno uso di prodotti chimici di sintesi.
      Molti consumatori pensano che la principale garanzia, che i prodotti di un’azienda siano biologici, sia fornita dalle analisi chimiche e Invece la migliore garanzia che un prodotto sia frutto di tecniche biologiche di coltivazione, viene dal controllo che l’azienda rispetti le regole succitate.Tra queste regole c’è sì l’eliminazione dei prodotti chimici, ma c’è molto di più: l’uso di scoperte scientifiche avanzate ai fini del più intelligente utilizzo del terreno agrario.

      Periodo di conversione all’agricoltura biologica
      Si chiama così il tempo, da uno a tre anni, durante il quale sono adottate le norme per la produzione biologica su un terreno che in precedenza sia stato coltivato con il metodo dell’agricoltura chimica.
      Si tratta del periodo di depurazione del terreno dai veleni accumulati negli anni di agricoltura chimica. Durante tale tempo (stabilito dalla commissione di certificazione per ogni azienda) i prodotti non possono essere venduti come provenienti dall’agricoltura biologica, ma dal secondo anno possono portare la dicitura “provenienti da terreni in conversione all’agricoltura biologica”.

      Confronto con altri metodi agricoli
      I gravi danni prodotti dall’agricoltura chimica, hanno portato taluni settori agro industriali a ridurre l’uso di composti chimici di sintesi, e anche a ricercare altri mezzi soprattutto per combattere parassiti e malattie: per esempio attraverso l’uso di specie animali antagoniste.
      Tali metodi non vanno confusi con l’agricoltura biologica, anche se hanno nomi che possono trarre in inganno il consumatore comune.
      Dunque metodi di lotta integrata, o lotta guidata, o lotta biologica, non hanno nulla a che fare con l’agricoltura biologica, soprattutto perché mancano dei requisiti fondamentali che sono stati su esposti. Insomma questi metodi si limitano a diminuire i fitofarmaci, ma nulla fanno sul piano dei concimi, nulla sul piano della salvaguardia del terreno e della sua fertilità, nulla sull’ecosistema dell’azienda agricola. Un altro metodo che ha preso piede è quello dell’agricoltura integrata, un’agricoltura chimica basata sull’uso oculato dei prodotti chimici. Con tale metodo si riesce a diminuire il numero dei trattamenti deI 20-30%, in particolare quelli effettuati in prossimità della raccolta. Inoltre tale metodo fa uso anche della lotta biologica cioè dell’immissione di specie animali o microrganismi antagonisti dei parassiti delle coltivazioni.
      Che giudizio dare dell’agricoltura integrata? Ogni passo avanti per inquinare meno l’ambiente va salutato con favore.
      Va però detto che non esiste una legge europea che definisce l’agricoltura integrata, ne esistono controlli o certificazioni.
      Esistono talvolta leggi regionali, ma la parte carente concerne sempre il controllo. Si tratta pur sempre di un’agricoltura che fa uso di pesticidi, diserbanti chimici e fertilizzanti chimici. D’altro canto, in attesa che tutta l’agricoltura nazionale diventi biologica, sarebbe opportuno che l’agricoltura chimica si trasformasse tutta in agricoltura integrata, perché come detto, c’è una diminuzione di trattamenti inquinanti.
      Un altro settore di prodotti che si può trarre in inganno i consumatori è quello dei nomi di fantasia che “vestono” alcuni prodotti per l’infanzia. Sono stati creati marchi speciali per prodotti provenienti da coltivazioni oculate nell’uso di prodotti tossici.
      Anche in questo caso sono benvenuti tutti i tentativi di produrre alimenti più sani.
      Tuttavia il consumatore deve sapere che si tratta di impegni dichiarati soltanto a parole, non controllati da nessun organismo autorizzato.

      Prodotti biologici e inquinamento:

      È veramente senza inquinamento il prodotto biologico ?
      Se tutto l’ambiente è inquinato, è logico che il cosiddetto inquinamento di fondo ci sia dappertutto.
      Ma un terreno sano, equilibrato in tutti i suoi microrganismi è in grado di contribuire alla distruzione di eventuali agenti inquinanti.
      Inoltre l’agricoltura biologica non aggiunge inquinamento a quello di fondo.

      Inquinamento dell’aria e produzioni biologiche
      Ci si chiede spesso se l’inquinamento dell’aria non vanifica gli sforzi che fanno i contadini biologici per produrre prodotti puliti.
      Bisogna ricordare che l’inquinamento dell’aria è differente dall’inquinamento prodotto irrorando il terreno con liquidi tossici o spargendovi polveri chimiche.
      È un problema di densità, di peso specifico. Un liquido ha una densità mille volte più alta dell’aria e un solido di almeno duemila volte.
      In un metro cubo di aria inquinata di città si possono trovare circa 10 mg di inquinanti (soprattutto ossido di carbonio), contro i 2000 mg di pesticidi per metro quadro (dati deI 2001) che riceve all’anno un terreno coltivato con l’uso della chimica, per esempio a frutteto.
      Senza contare che l’inquinamento da pesticidi ha una tossicità spesso molto superiore a quella degli inquinanti dell’aria cittadina.
      In ogni caso, perché aggiungere all’inquinamento dell’aria anche l’inquinamento degli alimenti ?

      Consumatori e biologico
      — I prodotti biologici sono stagionali, non vengono prodotti in serre calde, fuori stagione, perché in tal modo perderebbero quei  componenti che sono fondamentali per la salute del nostro organismo.

      — I prodotti biologici non sono fatti maturare artificialmente.
      — I prodotti biologici si conservano più a lungo perché contengono meno acqua ed hanno un contenuto maggiore di minerali.

      Valore nutritivo dei prodotti biologici
      Il  prodotto biologico ha maggior valore nutritivo:

      — risultati sperimentali hanno mostrato che il prodotto biologico ha circa il 25% in più di materia secca, rispetto al prodotto
      agroindustriale. Cioè il prodotto della agricoltura chimica ha un quarto in più d’acqua, a parità di peso: bisognerebbe tenerne
      conto quando si valutano i prezzi, perché i prodotti agroindustriali, almeno in parte, contengono più acqua;

      — altri risultati sperimentali hanno mostrato (a parità di materia secca) che i prodotti biologici hanno circa il 33% in più di vitamina C, il 20% in più di proteine e di carboidrati, il 15% di potassio e percentuali ancora maggiori di calcio, fosforo, ferro, manganese, rame, eccetera;
      — risultati sperimentali hanno anche mostrato che nei prodotti biologici sono soprattutto presenti quegli oligoelementi rivelatisi di
      straordinaria importanza per la prevenzione di molte malattie; inoltre sono presenti un maggior numero di vitamine, a parità di
      prodotto.
      Un prodotto proveniente dall’agricoltura chimica invece è molto carente di oligoelementi, perché i fertilizzanti a base di potassio, fosforo e azoto inibiscono l’assorbimento di altri minerali.

      Ricerca scientifica e agricoltura biologica
      Numerose ricerche svolte negli ultimi decenni hanno confrontato le caratteristiche nutrizionali di prodotti biologici con quelli della agricoltura chimica, dimostrando che i prodotti biologici sono migliori.

      Le ricerche sono molte, a partire da quelle del tedesco Schuphan (Heisenheim, Germania) e del francese Lairon (Marsiglia, Francia) degli anni ‘60 e ‘70 fino a quelle commissionate dal Ministero dell’agricoltura inglese nel 1990.
      Una fonte importante di dati sulle ricerche che confrontano i prodotti biologici con quelli convenzionali, sono i libri del francese Claude Aubert, per esempio:
      L’agriculture biologique. Pourquoi et comment Io pratiquer, Le courrier du livre, 1977, da cui abbiamo tratto la seguente tabella.

      Materia Secca

      +23%

      Proteine +18%
      Vitamina C +28%
      Zuccheri Totali +19%
      Metionina (patate spinaci) +23%
      Calcio +10%
      Potassio +18%
      Fosforo +13%
      Ferro +77%
      Magnesio uguale
      Nitrati -97%
      Amminoacidi liberi -42%
      Sodio -12%

      Differenza nella composizione di alcuni nutrienti fra verdure fertilizzate in modo naturale organico rispetto a verdure fertilizzate chimicamente

      Le ricerche più estese sono state fatte dal tedesco W Schuphan, di cui si può consultare: Nutritional values in crops and plants, Faber and Faber, Londra, 1965. Altri dati si possono trovare nelle ricerche di Denis Lairon dell’lnserm di Marsiglia. La ricerca estesa più recente è stata fatta in Gran Bretagna all’inizio degli anni novanta:
      Ricerca analitica sulla composizione nutrizionale di frutta e ortaggi di coltivazione biologica, Pinther and Hall, Memorandum  tecnico 597, stazione di ricerca di Campden. Progetto Maaf 4350. Pubblicato sulla rivista Living Heart and food magazine, nel maggio 1994. Da questa ricerca riportiamo alcuni dati.

      Prodotto

      da agricoltura biologica
      (in 100g)

      da agricoltura convenzionale
      (in 100g)

      differenza
      biologica/convenzionale
      (in 100g)

      Mela
      zuccheri totali
      vitamina C
      8,8g
      21,6mg
      9,5g
      19,3mg
      -7,4%
      +11,9%
      Pomodoro
      vitamina C
      Vitamina A
      21,8mg
      4,7mg
      18mg
      3,5mg
      +21,1%
      +34,3%
      Carota
      glucosio
      potassio
      0,9mg
      269mg
      1,3mg
      217mg
      -30,8%
      +24,0%
      Patata
      saccarosio
      fruttosio
      glucosio
      ferro
      calcio
      zinco
      1,0g
      1,2g
      2,0g
      5,7mg
      64,0mg
      1810µg
      2,4g
      0,7g
      1,2g
      4,7mg
      56,4mg
      1350µg
      -58,3%
      +71,4%
      +66,0%
      +21,3%
      +13,5%
      +34,1%

      Differenze nutrizionali fra prodotti biologici e convenzionali

      Spese sanitarie e prodotti biologici:

      Una conferma diretta della salubrità dei prodotti biologici proviene anche dall’esperienza attuata dal Comune di Padova in alcune scuole materne (anno scol. 93/94 e successivi). In tali scuole fu introdotta una dieta mediterranea con prodotti biologici.
      I genitori e gli insegnanti dei bambini hanno verificato che uno degli effetti del cambio dell’alimentazione fu la diminuzione delle malattie nei bambini.Tale constatazione è interessante, ma è limitata e potrebbe solo suggerire un’ipotesi di lavoro per una ricerca più estesa per avere un significato più consistente e generalizzato.
      Una ricerca vera e propria fu effettuata dal prof. Negre di Marsiglia, nel distretto del Rodano, Francia. La ricerca mirava a correlare le spese sanitarie di un certo numero di famiglie al tipo di alimentazione biologica o convenzionale.
      Ebbene, i dati indicarono che le famiglie che usavano alimenti biologici avevano sostenuto spese sanitarie addirittura dieci volte inferiori a quelle che si nutrivano con alimenti convenzionali (convegno Nutrirsi oggi, Milano, Palazzo Affari, 18/3/1998, dati forniti dal presidente Ifoam Hervé La Prairie).

      Il prezzo dei prodotti biologici

      Prodotti non inquinati, di alta qualità, di alto valore nutrizionale, di gusto migliore costano inevitabilmente di più.
      Quando migliora la qualità, aumentano i costi. Pensiamo al vino: se ne può acquistare un litro a poche migliaia di lire, così come si può acquistare del buon Cabernet d.o.c. o addirittura dello Champagne.
      I prezzi dei prodotti biologici sono dunque maggiori perché il metodo prevede più manodopera e quantità prodotte inferiori. Poi ci sono i costi di controllo e certificazione. Inoltre trattandosi di un mercato ancora ristretto (pochi punti vendita specializzati, dispersi in aree vaste) i costi di trasporto e di distribuzione incidono di più.
      Infine quando acquistiamo un prodotto bio paghiamo tutto quello che c’è da pagare. Nulla resta in sospeso: né i costi per disinquinare l’ambiente, ne le spese farmaceutiche aggiuntive, per aver consumato alimenti poveri di nutrienti e inquinati (sia pur entro i limiti di legge).
      L’alimentazione è importante per l’uomo. E la base della vita. Nella società industriale i prezzi dei generi alimentari sono bassi a causa della diminuzione della qualità e per il trasferimento alla società di alcuni costi. Per riequilibrare la situazione occorre riportare la qualità nutriente del cibo almeno al livello di quello delle generazioni che ci hanno preceduto: acquistare di più alimenti di qualità, riconoscendo il giusto guadagno a chi li produce.
      Per queste operazioni sarà necessario dislocare maggiori risorse all’acquisto del cibo, sottraendole ad altri settori meno necessari.
      Chi acquista nei negozi del biologico soltanto gli alimenti di base: cereali, legumi, ortaggi, frutta e condimenti, spende poco.
      Certo tutta una serie di leccornie, non necessarie, fa lievitare di molto la spesa finale, ma per nutrirsi in modo completo la spesa non è elevata.
      Quindi il biologico non è per ricchi, ma per chi ha maggiore consapevolezza della salute.

      L’aspetto deII’ortofrutta biologica
      Ortaggi e frutta biologici sono di bell’aspetto, esenti da difetti che ne vieterebbero la commercializzazione, anche se le dimensioni sono quelle dei prodotti convenzionali medi; non ci sono cioè campioni di grandezza, ricercati dall’agricoltura chimica.

      I prodotti ortofrutticoli biologici sono più profumati e più gustosi. E vero però che non vengono lucidati per migliorare l’aspetto naturale.
      Non è vero che siano imperfetti, ammaccati o che contengano vermi. Se così fosse secondo le leggi italiane non potrebbero essere venduti al pubblico!

      Produttività del sistema biologico
      La produzione biologica non è scarsa! L’agricoltura biologica non è intensiva e pertanto la resa del prodotto per ettaro è inferiore a quella dell’agricoltura convenzionale chimica. Ma inferiore significa il 10-20% in meno, quando va male.

      Se però si valuta che i prodotti biologici contengono meno acqua di quelli convenzionali, la diminuzione precedente viene ridimensionata
      Del resto produrre di più, ma di qualità scadente, non è un buon risultato.
      Se tutta l’agricoltura si convertisse al biologico non rischieremmo certo la fame!

      L’orto di casa e il biologico
      Anche se conducessimo un orto senza l’uso della chimica di sintesi e con tutti gli accorgimenti della saggezza agricola biologica, non potremmo definire biologici i suoi prodotti, perché mancherebbero il controllo, la certificazione e l’inserimento negli elenchi regionali dell’agricoltura biologica. Questo punto è fondamentale: ciò che contraddistingue un prodotto biologico è il controllo e la certificazione che accompagna l’azienda produttrice; gli ortaggi puliti dell’orto di casa vanno bene per la nostra famiglia, ma non possono essere venduti come biologici, perché appunto manca il controllo.

      Biologico non vuoi dire integrale
      I consumatori spesso ritengono che biologico significhi alimenti integrali. Ciò non è vero. Esistono sì i prodotti biologici integrali, ma anche gli equivalenti prodotti raffinati. Accanto alla pasta integrale c’è la pasta bianca; oltre allo zucchero scuro, c’è lo zucchero
       raffinato. Biologico non significa integrale, anche se nei negozi biologici si trovano molti prodotti integrali.

      Biologico non significa macrobiotico
      La parola biologico indica un metodo di produzione agricola, non ha a che fare con le diete. La macrobiotica è un tipo di scelta degli alimenti che si esprime in una dieta. Si tratta dunque di due cose diverse. Con i prodotti biologici si può fare la dieta che si vuole, sia quella mediterranea, che quella nord-europea, sia la dieta a base di prodotti animali che la dieta vegetariana.
      E anche quella macrobiotica, naturalmente.

      Che fare per l’ambiente
      Spesso i cittadini più sensibili ai problemi dell’ambiente cercano, individualmente e socialmente, soluzioni appropriate:
      usano meno l’automobile, fanno la raccolta differenziata dei rifiuti, evitano detersivi inquinanti ecc.
      Tali soluzioni sono importantissime, piccole dal punto di vista pratico, grandi dal punto di vista dell’aumento della consapevolezza.
      A volte ingenerano un senso di frustrazione per l’enormità dei problemi ai quali si cerca di far fronte con le proprie scelte saltuarie.
      C’è un modo quotidiano, concreto ed efficace per salvaguardare l’ambiente: consumare ogni giorno prodotti biologici.
      Se ciò avviene il mercato biologico aumenta e sempre più agricoltori saranno invogliati a passare all’agricoltura biologica.
      È una “legge” del mercato, se la domanda cresce e la remunerazione è buona, più persone passano a coltivare con metodo biologico
      e ciò significa un immediato beneficio per l’ambiente; significa migliaia di metri quadrati liberati dall’inquinamento; tante piccole oasi biologiche che combatteranno l’inquinamento del resto delle aziende.

      Mense scolastiche biologiche
      Il rapporto fra agricoltura biologica e società negli ultimi anni si è fatto più stretto per le scelte di molte amministrazioni pubbliche di introdurre alimenti biologici nelle mense scolastiche.

      Finora l’inserimento riguarda circa un centinaio di comuni italiani e fra di essi un quarto sono comuni capoluoghi di provincia.
      E evidente che chi ha a cuore la salute della popolazione si è posto la domanda, se un’alimentazione con prodotti biologici comporti dei vantaggi, soprattutto per i più piccoli.
      La risposta di molti assessori di comunali è stata affermativa (1998), per cui vengono forniti alcune decine di migliaia di pasti biologici giornalieri in asili nido, scuole materne, elementari e medie. Certamente i numeri sono ancora piccoli, ma è significativo che un centinaio di amministrazioni pubbliche abbiano operato tale scelta, perché costituisce un’ulteriore attestazione di quanto abbiamo detto fino a questo punto, sul valore nutrizionale degli alimenti biologici. Hanno scelto questo orientamento città piuttosto grosse come Torino, Bologna, Padova, Trento, Bari.
      Vogliamo sottolineare il pragmatismo con cui gli amministratori hanno operato queste scelte: il buon senso rende evidente a tutti che i prodotti biologici sono di qualità superiore, adatti dunque a fasce di popolazione più debole come i bambini.

      Biologico ed equosolidale
      Come si dovrebbe ormai aver capito, l’agricoltura biologica è un tentativo per ritornare ad avere prodotti puliti, gustosi e nutrienti, quindi più adatti all’alimentazione umana. Questo tentativo è stato fatto per rimediare ai guasti dell’agricoltura chimica sulla salute e sull’ambiente. E importante notare però che non tutto il mondo è stato inquinato dall’agricoltura chimica.

      Vaste zone del sud del mondo sono risparmiate dall’inquinamento semplicemente perché gli agricoltori del sud non hanno le risorse finanziarie per applicare le tecniche dell’agricoltura chimica. Invece altre zone del sud sono state devastate peggio di quelle del nord del mondo, nei casi in cui siano state scelte dalle multinazionali alimentari per produrre per il nord. In definitiva vi sono sistemi agricoli tradizionali del sud del mondo che sono assai vicini ai principi dell’agricoltura biologica e che facilmente possono passare all’agricoltura bio; spesso però ciò non avviene per la fragilità finanziaria e organizzativa delle strutture produttive del sud del mondo.
      Però da molti anni è nato, su tutt’altro versante, un movimento economico e produttivo che ha cercato di introdurre principi di equità negli scambi fra nord e sud. Ha stimolato net contempo il coordinamento dei piccoli produttori del sud; ha creato strutture d’importazione di prodotti, estranee alle grandi organizzazioni mondiali dell’alimentare, spesso governate soltanto dal principio di rapina.
      Stiamo parlando del cosiddetto circuito equo e solidale. La maturazione di molteplici esperienze di questo tipo hanno portato alla creazione di marchi internazionali di garanzia. Tali marchi, pur non rispondendo a leggi europee, si sono guadagnati rispetto e riconoscimento a livello internazionale e ormai hanno creato una rete che conta, almeno in Italia, su centinaia di punti vendita distribuiti
      in tutto il territorio nazionale.
      L’incontro fra biologico e equosolidale era dunque inevitabile ed è ciò che è avvenuto negli ultimi anni in cui sono cominciati a comparire sul mercato prodotti alimentari col doppio marchio di prodotti biologici e equosolidali.
      Di ciò non ci si può stupire: il rispetto della natura da parte dei biologici è contiguo al rispetto dei diritti dei contadini di tutto il mondo; così come le esigenze di equità nei commerci, proprie del mercato equosolidale sono assai vicine al rispetto per la natura e per il cibo di cui ci nutriamo.
      Una parola unisce i due mondi: il rispetto, prima di tutto di noi stessi che vogliamo cibo pulito e rapporti puliti con tutti e con tutto.

      Storia dell’agricoltura – Origini:

      L’agricoltura chimica e industriaIizzata del XX secolo è stata preceduta dalla cosiddetta agricoltura mista, affermatasi lentamente a cominciare dal XVI secolo nei Paesi Bassi. L’agricoltura mista era basata sulla rotazione agraria, cioè sull’alternanza delle coltivazioni in uno stesso terreno, sulle foraggiere e sull’allevamento (che forniva il letame per nutrire il terreno).
      L’agricoltura mista ha visto il suo trionfo poco prima della nascita dell’agricoltura chimica, agli inizi del XX secolo praticamente tutta l’Europa adottava tale metodo.
      Nel secolo XIX sono state fatte alcune importanti scoperte scientifiche. Qui ci interessa quella di Justus von Liebig, che nel 1839 aveva scoperto che gli organismi vegetali necessitano almeno di tre elementi chimici: azoto, fosforo e potassio per poter crescere rigogliosi. Ciononostante per molto tempo si continuò a rifornire le piante non di elementi chimici, ma di letame di origine naturale. La chimica non era ancora così sviluppata da produrre industrialmente quanto la natura poteva offrire.
      A ridosso della prima guerra mondiale la chimica industriale mise a punto un metodo per produrre ammoniaca (metodo Haber-Bosch).
      E l’ammoniaca è un composto d’azoto. Esistevano già i presupposti per produrre fertilizzanti chimici, cosa che cominciò effettivamente a partire dagli anni 20.
      I fertilizzanti divennero convenienti soltanto dopo la seconda guerra mondiale, a causa di una diminuzione dei costi energetici.
      Dagli anni ‘50 l’agricoltura cominciò a introdurre i fertilizzanti chimici. La trasformazione fu rapida. In Europa, già nel 1970, il 70% dell’apporto di azoto al terreno era di origine chimica.
      Gli insetticidi e gli erbicidi (le altre due classi di composti chimici usati in agricoltura) sono di più recente scoperta.
      Gli insetticidi, come il DDT, trovano impiego a partire dal 1939, gli erbicidi, come il 2,4-D a partire dalla fine degli anni ‘40.
      Praticamente negli anni ‘50 sono disponibili a costi contenuti i tre capisaldi chimici dell’agricoltura industriale: fertilizzanti, insetticidi ed erbicidi. Comincia l’era dell’agricoltura chimica.
      L’uso dei fertilizzanti chimici ha reso così inutile la presenza dell’allevamento del bestiame nell’azienda agricola, perché non c’è più bisogno di letame. L’uso degli insetticidi ha reso inutile la rotazione (effettuata anche per diminuire i rischi di attacco di parassiti).
      L’uso dei diserbanti ha reso inutile il riposo del terreno (riposo necessario per l’estirpazione manuale delle malerbe).
      È interessante notare che insetticidi, anticrittogamici ed altri veleni, sono il frutto dell’industria bellica di gas nervino.
      C’è infatti una strettissima parentela strutturale chimica fra un’arma chimica come il gas nervino VX e un noto pesticida organofosforico come il Parathion della Bayer (come dimostra Herman Fischer in Chimica Pulita Ed. Tecniche Nuove).
      Dalla riconversione di un’industria bellica che produceva gas nervini per uccidere uomini, non si potevano ricavare che composti chimici che uccidono gli animali e poi minano la salute dell’uomo.

      Agricoltura, valori nutrizionali, uso della chimica
      Che cosa ha di tanto terribile l’agricoltura chimica, da far temere che minacci la salute? Purtroppo è facile rispondere: la chimica ha rivoluzionato il modo di produrre, trasformare e conservare gli alimenti, introducendo prodotti nuovi e metodi nuovi, in poco tempo e

      senza informare i consumatori. Anche se in Usa, dopo l’introduzione dei pesticidi i raccolti sono aumentati del 230%, questo grande aumento quantitativo ha comportato una diminuzione di qualità.
      Ad aggravare la situazione, causata da tale silenziosa rivoluzione, è che l’aspetto dei prodotti dell’agricoltura chimica è identico a quello dei prodotti dell’agricoltura salubre, perciò i consumatori non sono in grado di distinguerli.
      Per quanto paradossale possa sembrare, pur avendo Io stesso aspetto, una carota prodotta coi metodi dell’agricoltura chimica non ha la stessa composizione di una carota cresciuta naturalmente: ha in più nitrati, residui di pesticidi e di diserbanti ed ha in meno vitamine, sali minerali e una miriade di altri composti che danno un sapore diverso ed un odore diverso rispetto a quelli di una carota cresciuta naturalmente. La cosa più grave è che possono essere ridotti o addirittura assenti gli oligoelementi (minerali presenti in minime quantità) fondamentali nella dieta dell’uomo. L’agricoltura chimica:
      — utilizza, come fertilizzanti, sostanze chimiche di produzione industriale apportatrici di azoto (N), fosforo (P) e potassio (K);
      — utilizza composti chimici di sintesi per la difesa dai parassiti, cioè molecole nuove, ignote alla natura, tossiche per qualche forma vivente;
      — utilizza altre sostanze chimiche per eliminare le malerbe dal terreno, anche queste velenose per qualche vegetale;
      — utilizza ormai anche piante manipolate geneticamente, assolutamente sconosciute all’ecosistema naturale.
      Spendiamo qualche riga in più sugli antiparassitari, che spesso sono i composti più tossici per l’uomo.
      Si tratta di sostanze che combattono i parassiti. Quelli dell’agricoltura chimica si chiamano pesticidi e sono veleni chimici di sintesi.
      Si dividono in varie categorie a seconda dei parassiti che combattono. Avremo così gli insetticidi, i fungicidi (o anticrittogamici), gli acaricidi contro gli acari, i molluschicidi contro le lumache e specie affini, i nematocidi contro alcune specie di vermi (non i lombrichi, che anzi sono utilissimi), i ratticidi contro i topi, e i diserbanti. I pesticidi sono anche chiamati fitofarmaci o prodotti fitosanitari.
      L’uso della chimica è solo uno degli aspetti peculiari del modo di fare agricoltura nella seconda metà del XX secolo.
      Esiste soprattutto un’ideologia dominata dal principio che il terreno agrario sia una macchina inerte per produrre quanto più è possibile.
      Ecco allora l’abitudine di eliminare dal terreno ogni ostacolo (fossi, siepi, alberi), di praticare la monocoltura (vale a dire coltivare un’unica specie vegetale su ampie superficie) e per di più per lunghi periodi. Ed ancora l’abitudine di non considerare l’ecosistema del terreno agrario, lo si lascia scoperto per lunghi periodi, lo si lavora e rivolta con potenti macchine e vomeri profondi che mutano la struttura del terreno coltivabile.
      Insomma, l’agricoltura chimica ha completamente dimenticato che il terreno è vivente e che deve produrre alimenti di qualità per gli esseri viventi. Ha rincorso solo il mito della quantità, con lo scopo dichiarato di sconfiggere la fame nel mondo (e i risultati di questa lotta alla fame sono sotto gli occhi di tutti: infatti nel Terzo mondo si continua a morire di fame!). Se dopo mezzo secolo ciò non è stato raggiunto, è legittimo mettere in stato d’accusa il metodo chimico (senza perdere di vista quali danni abbia portato all’ambiente con l’inquinamento).

      Agricoltura, prezzi e qualità alimentare
      Se ci si reca in un super discount di prodotti alimentari convenzionali, si scopre che alcuni generi alimentari hanno prezzi bassissimi, addirittura irrisori. Per fare qualche esempio, si può trovare pasta che costa meno di un caffè al bar, merendina per bambini del costo inferiore ad un gettone telefonico, un litro d’olio di semi al prezzo di un’acqua minerale delle più rinomate, un chilogrammo di farina di frumento al prezzo di mezza brioche. Ci deve essere qualcosa che non va’. Può essere possibile che importanti alimenti costino così poco ?

      Significa che l’agricoltura chimica ha spinto la produzione per ettaro al massimo, a danno della qualità.
      Cioè i prodotti alimentari hanno scarse proprietà nutritive. Inoltre c’è qualche costo che non paghiamo direttamente, ma che paghiamo indirettamente attraverso imposte e tasse varie.
      Ad esempio i costi per l’inquinamento delle falde acquifere; i costi per malattie dovute a carenza di nutrienti e all’inquinamento degli alimenti.
      Non paghiamo inoltre il costo del degrado del terreno agrario, perché lo stiamo saccheggiando senza preoccuparci di come lo lasceremo ai nostri figli e nipoti. Questo è un prezzo che pagheranno loro. Altro che sconfiggere la fame nel mondo!
      Senza dubbio il prestigio della professione di agricoltore nella società di fine XX secolo e inizio XXI secolo è molto basso. Inoltre nelle società più industrializzate la percentuale degli addetti all’agricoltura è molto bassa, rispetto al totale della popolazione che lavora (in Europa deI 5%, in Usa del 2%).
      Eppure sono proprio gli agricoltori che assolvono il compito fondamentale di nutrire letteralmente la popolazione, ma questo ruolo fondamentale non è riconosciuto ed è mal pagato.
      Tale inversione di valori è pericolosa, perché dimostra quanto la società tenga poco conto del cibo di cui si nutre.
      Non vogliamo entrare in problematiche filosofiche o spirituali, ma ‘questa contraddizione di valori va segnalata.
      Se quel che mangiamo vale poco, nel senso che i consumatori vi annettono poca importanza, si apre la strada ad ogni forma di sofisticazione alimentare e di speculazione sul cibo, che diventa solo una merce, mero oggetto di vendita.
      C’è da restare stupiti di fronte all’atteggiamento di chi non esita ad acquistare oggetti dispendiosi per la casa e poi si orienta a fare acquisti alimentari di bassa qualità, oppure dichiara di non voler comperare alimenti biologici perché costano troppo.
      Lo stupore riguarda il valore che questi consumatori attribuiscono al cibo, a danno della loro salute.
      Quindi lo scarso valore attribuito al cibo di conseguenza si riflette sul basso valore sociale del contadino e sui prezzi incredibilmente esigui delle derrate agricole convenzionali.
      Non illudiamoci di trovare sostituti tecnologici dei prodotti coltivati nei campi. Senza agricoltura l’uomo muore.
      Un’ultima considerazione: la spesa media di una famiglia italiana per il cibo si aggira sul 18% del suo reddito (anno 2000).
      Cinquant’anni fa si aggirava sul 45%. Ciò significa che si spende sempre meno per il nutrimento e più per altri generi sicuramente meno fondamentali. Non vogliamo dire che dobbiamo tornare ai redditi e alla distribuzione delle spese degli anni ‘50, bensì che dobbiamo interrompere la corsa al ribasso della spesa alimentare. A livello di slogan potremmo dire: meno spese voluttuarie (es. gli acquisti di impulso) e più alimenti di qualità.

      Che significa alimentarsi in modo biologico ?
      Significa consumare alimenti provenienti dall’agricoltura biologica (biodinamica), a prescindere dal tipo di dieta. Nutrirsi con cibo biologico non significa avere indicazioni sulla dieta da seguire. Lo stesso accade per gli alimenti provenienti dall’agricoltura chimica, chi ne fa uso può adottare una dieta mediterranea, oppure una dieta americana, una dieta vegetariana. Oppure può optare per la dieta occasionale: mangio quel che scelgo di volta in volta a seconda del gusto. Allo stesso modo si può far la dieta che si desidera, consumando alimenti biologici.
      In una parola: mangiar biologico non costringe a fare una scelta alimentare, si fa soltanto una scelta del metodo di produzione.
      Perché allora qualcuno è ancora convinto che mangiare biologico voglia dire essere vegetariani o macrobiotici ?
      Si tenga presente che gli attuali negozi del biologico sono nati e sono condotti da persone particolarmente attente all’alimentazione.
      Gli operatori del biologico hanno un’impostazione culturale più salutistica degli operatori dei negozi tradizionali di alimentari.
      Ciò significa che vi si trovano più cereali e legumi e meno salumi, più pane e pasta integrali e meno prodotti raffinati.
      Vi si trovano anche prodotti che non fanno parte delle nostre tradizioni alimentari, come alghe, prodotti a base di soia, latte di capra eccetera.
      Nei negozi del biologico esiste un’offerta maggiore di prodotti per diete più salubri, per quella mediterranea, vegetariana o macrobiotica.
      Per quanto riguarda frutta e verdura è significativo il fatto di trovare spesso soltanto prodotti stagionali, che hanno un tenore di nutrienti più consono all’alimentazione umana.

      Pericolosità dei Pesticidi:

      Nel mondo sono più di tre milioni all’anno (dati dell’Organizzazione mondiale della sanità) le persone che sono intossicate da pesticidi, delle quali più di 700.000 riportano patologie croniche. Circa 37.000 sono i casi di tumori associati ad alti livelli di esposizione ai pesticidi o ad una lunga convivenza con gli stessi 1
      Fra i pesticidi, i più tossici sono gli insetticidi, del tipo clorurato e del tipo organofosforico. Quelli clorurati sono meno tossici, ma non sono biodegradabili, col risultato che si accumulano nell’ambiente. Invece gli insetticidi organofosforici sono più tossici ma si degradano rapidamente in natura. L’inquinamento ambientale e alimentare è quindi principalmente dovuto agli insetticidi clorurati. In Italia il consumo di fitofarmaci è cresciuto dal 1971 al 1987 fino a triplicarsi (ed è soprattutto concentrato in Lombardia, Piemonte, Veneto,  Emilia Romagna). Nel 1996 si distribuivano in media 2 kg di diserbanti per ettaro all’anno.
      Ma la media è fallace, perché in Lombardia sono 5 kg per ettaro, in Piemonte 4,5, in Veneto 3,5. in Emilia 3, in Friuli 3 ed in Trentino-Alto Adige 1,5. In Europa si consumano un milione di tonnellate all’anno di pesticidi.
      Nonostante siano passati ormai più di trent’anni dall’inizio dell’espansione dei consumi di pesticidi nell’agricoltura italiana, la ricerca stenta a darsi degli strumenti validi d’indagine. Per esempio uno studio del Ministero della sanità2  ha valutato l’esposizione degli italiani ai 148 fitofarmaci più usati e presenti come residui negli alimenti. Confrontando le dosi giornaliere ammesse e quelle contenute negli alimenti, lo studio ha trovato che per nessuno dei 148 pesticidi presi in esame si è verificato un livello medio di esposizione superiore ai livelli di pericolo. Ciò è indubbiamente confortante, peccato che nell’indagine non siano stati presi in considerazione gli effetti della somma di più pesticidi nello stesso prodotto !
      In un’altra ricerca3  sono stati analizzati più di ottomila campioni di ortofrutta. Si è trovato che 200 avevano residui superiori a quelli massimi stabiliti per legge e ben il 41% dei campioni conteneva residui di pesticidi, specialmente agrumi, fragole ed uva. Da notare infine che, fra i campioni regolari, il 20% conteneva più di un pesticida (specialmente mele e pere).
      La Iarc (International agency for research on cancer) di Lione dopo uno studio sui pesticidi ha concluso che diversi pesticidi sono cancerogeni. Per esempio l’atrazina (diserbante usato nella coltivazione del mais) è una possibile causa di tumore.
      Un altro studio di Forestiere (dell’osservatorio epidemiologico della Regione Lazio), ha trovato negli agricoltori tassi elevati di tumori allo stomaco e al pancreas, fra i coltivatori di patate e di ulivi neoplasie al rene. Invece fra i frutticoltori vi è una correlazione significativa col Cancro al colon e alla vescica.
      Altre indagini hanno trovato che i composti triazinici (diserbanti) possono avere un ruolo nel tumore ovarico e che pesticidi all’arsenico sembrano associati al cancro al polmone.

      Infine malattie allergiche (rinite, dermatite, asma e con­giuntivite) sono prodotte da formaldeide, DDT, piretro, sol­fato di rame, fosfato di nichel e composti organofosforici. Si consideri che il ritiro dal mercato di prodotti ricono­sciuti tossici non garantisce l’eliminazione dei rischi. Infatti alcuni prodotti sono indistruttibili e perciò una volta entra­ti nell’ambiente entrano nella catena alimentare e continuano ad arrivare all’uomo attraverso il cibo, anche dopo la cessazione dei loro impiego in agricoltura.

      Pesticidi e bambini
      L’Ewg (Environmental working group) di Washington ha calcolato che ogni giorno, in Usa, un milione di bambini ai di sotto dei cinque anni ingerisce una dose eccessiva di pesticidi organofosforici e ben centomila sono i bambini che ne assumono dieci volte il limite consentito.

      Si noti che i bambini sono più a rischio perché la quantità di aria, acqua, cibo inquinati che assumono, in relazione al loro peso, è maggiore che per gli adulti. Inoltre la proliferazione cellulare è maggiore (in quanto organismi in crescita), il sistema immunitario è immaturo e la capacità di reagire agli inquinanti è ridotta.
      Nei bambini i tumori dipendono dall’inquinamento ambientale per contatto diretto, ma anche per esposizione della madre in gravidanza. Questo dato è stato trovato dallo studio Setil (Studio epidemiologico sui tumori infantili, Italia).
      L’attuale legislazione italiana sui pesticidi ha fissato dei limiti senza tenere in alcun conto la variabile dell’età.Vale a dire che i limiti fissati per legge tutelano solo gli adulti, non certo i bambini o i neonati.
      Se poi si aggiunge che i limiti prestabiliti non tengono conto della somma dei diversi pesticidi (in alcune mele se ne sono trovati ben Il diversi), il quadro per i bambini diventa drammatico.
      Per questo motivo, forse, le ditte produttrici di alimenti per l’infanzia, in Germania, sempre più optano per alimenti biologici certificati, al punto che entro breve tempo si dovrebbe assistere al capovolgimento della situazione: saranno di più i prodotti biologici per l’infanzia di quelli dell’agricoltura chimicamente trattata.
      È urgente intervenire a livello legislativo comunitario, introducendo norme per i prodotti destinati all’infanzia e istituendo un’agenzia che faccia una revisione degli oltre 8000 fitofarmaci permessi in Europa. Questo è il senso di una proposta di legge presentata da Legambiente.

      Pesticidi e sterilità
      Il fatto che i pesticidi siano responsabili della sterilità umana, specie quella maschile,è ormai denunciato da molti. Solo alcuni esempi.
      Il DBCP, insetticida usato negli anni ottanta in California, ha reso sterili le maestranze che lavoravano nei frutteti di quella regione;
      il DDT interferisce con gli ormoni sessuali umani, mentre l’agente Orange, un defogliante usato anche in Vietnam, interferisce col sistema endocrino.
      Per finire un accenno ad un fenomeno inquietante. Non basta mettere al bando un dato pesticida, occorre anche vigilare perché esiste un mercato clandestino dei pesticidi proibiti in Italia, ma permessi in altri Paesi e gli agricoltori a volte non sanno neppure di che cosa si tratta perché le etichette non sono scritte in italiano.

      l problema delle piccole quantità
      Quando si fissa per legge la quantità massima di un veleno in un alimento per poterlo consumare senza pericolo, si trascura un principio scientifico importante: quello che riguarda la definizione della soglia di tossicità.

      Ricerche fatte da Druckey e Schmahl, citate da Claude Aubert in Agriculture biologique, Parigi, 1977, ha portato alla seguente conclusione, che cozza contro l’opinione comune degli scienziati:
      se con una certa quantità giornaliera di sostanza tossica si induce il cancro in una cavia nel giro di 250 giorni, quando si riduce di 30 volte la quantità giornaliera, il cancro appare dopo un periodo più lungo (900 giorni).
      Il dato stupefacente è che la quantità totale di prodotto tossico somministrato nel primo caso è di 850 mg, mentre nel secondo caso è di 90 mg. Quasi un decimo! Questo significa che se si diminuisce la quantità di veleno giornaliero, ci si ammala più tardi, ma con una quantità complessiva molto inferiore. Allora che significato può avere stabilire un particolare valore minimo di veleno, cioè una soglia di tossicità ? Può non aver alcun senso, perché ad una dose giornaliera più bassa corrisponde una dose complessiva letale più bassa.
      Per essere più chiari facciamo un esempio semplificato. Se per morire occorre un bicchiere di un dato veleno preso in una volta sola, qualora se ne beva un solo cucchiaino al giorno, non si morirà dopo aver assunto l’equivalente di un bicchiere, bensì dopo aver assunto un quarto di bicchiere. Applicando questo principio ai residui di pesticidi che restano negli alimenti sorge il dubbio che anche le piccole dosi ammesse come innocue dalla legge hanno un effetto dannoso, in tempi lunghi, ma con quantità molto piccole.
      Ecco perché non basta avere pochi pesticidi negli alimenti, non bisogna averli affatto.

      1  Questi dati sono emersi al convegno tenutosi a Roma nei novembre 1997, dal titolo Esposizione ai pesticidi con particolare riguardo all’infanzia, organizzato dall’istituto italiano di medicina sociale. Ministero del lavoro.
      2
        Ambiente e salute in Italia, ed. Il pensiero scientifico, 1997. 
      3 
      Legambiente, 1996.

      >>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

      Non solo le Api: i pesticidi stanno uccidendo anche gli Uccelli ! – vedi anche: OGM alimenti NOCIVI !
      È oramai evidente che l’enorme vendita di pesticidi in tutto il mondo stia portando alla rovina intere popolazioni di impollinatori, svolgendo un ruolo nella “sindrome da collasso” delle colonie delle api.

      Un nuovo studio commissionato dall’American Bird Conservancy ha valutato più in profondità l’impatto dei pesticidi neonicotinoidi sulla catena alimentare e le sue conclusioni sono sconcertanti.
      Le quasi cento pagine di studio – denominato “L’impatto degli insetticidi più utilizzati del Paese sugli Uccelli” e co-realizzato dal tossicologo ambientale Dr. Pierre Mineau e il manager dell’American Bird Conservancy Pesticides Program, Cynthia Palmer – recensisce duecento studi sugli effetti dei neonicotinoidi e trova che la “persistenza, solubilità, tossicità e mobilità dei pesticidi costituiscono una minaccia unica, in particolare per gli ecosistemi acquatici, dove il deflusso agricolo può causare danni permanenti alle popolazioni acquatiche di invertebrati e di tutti gli organismi che dipendono da loro per il cibo”.
      E mentre la pubblicità si è concentrata sugli effetti di questi pesticidi sistemici su insetti impollinatori come le api e farfalle, il Rapporto sulla conservazione ambientale sostiene che l’Environmental Protection Agency (EPA ) ha semplicemente ignorato le prove di tossicità per gli uccelli e i piccoli mammiferi, creature note per mangiare i semi appena piantati, anche quelli pieni di pesticidi.
      La relazione afferma: “Di particolare interesse per gli uccelli sono quei composti che vengono utilizzati come trattamento delle sementi, soprattutto imidacloprid, clothianidin, thiamethoxam e acetamiprid che sono assorbiti dalle radici di una pianta e poi circolano in tutta essa. I semi non sono mai interamente coperti dal terreno e ciò li rende facili da trovare per gli uccelli.
      Molte specie hanno, infatti, la capacità di raschiare e scavare per trovare il seme piantato. Il trattamento delle sementi, per definizione, si tradurrà in una situazione di elevata esposizione per gli uccelli. “
      Il rapporto individua l’imidacloprid come altamente tossico per gli uccelli, rilevando che un solo chicco di mais trattato può ucciderepiccoli uccelli e far ammalare quelli grandi.
      Più allarmanti ancora sono i dettagli sugli scarichi agricoli con conseguente contaminazione degli ambienti acquatici, dai fiumi e corsi d’acqua a pozzi d’acqua e le zone umide, importanti oasi per gli uccelli acquatici, spesso circondate da grandi appezzamenti di terreni coltivati.
      I pesticidi neonicotinoidi, che agiscono sul sistema nervoso centrale, possono persistere nel suolo per fino a due anni e sono altamente solubili in acqua. La contaminazione attraverso il deflusso è inevitabile e proprio gli scienziati dell’EPA hanno ripetutamente messo in guardia rispetto al loro utilizzo.
      Lo studio contiene anche proposte per mitigare una previsione desolante. Tra le raccomandazioni dell’American Bird Conservancy c’è il divieto di utilizzare i neonicotinoidi come trattamento delle sementi e sospendere tutte le domande di neonicotinoidi in attesa della revisione indipendente dell’impatto sugli uccelli, invertebrati acquatici e altri animali selvatici.
      Per maggiori informazioni sullo studio Mother Nature Network

      N.B.:  Dall’Europa nessun blocco per i neonicotinoidi.
      Il voto del Comitato permanente europeo per la sicurezza alimentare rispedisce al mittente la proposta di Tonio Borg, Commissario UE alla Salute, di una sospensione generalizzata di 2 anni dell’utilizzo degli insetticidi imidacloprid, clothianidin e thiametoxam a partire da luglio.
      http://www.agricoltura24.com/neonicotinoidi-sospensione-evitata/0,1254,98_ART_6641,00.html
      I Neonicotinoidi nel trattamento delle sementi sono vietati in Italia fino al 25 giugno 2013, ma nel trattamento delle foglie sono ammessi. Questa azione è stata presa sulla base di studi preliminari di monitoraggio mostrano che le perdite di api sono state correlate con l’applicazione di semi trattati con questi composti.
      Trattamenti di semi di girasole e di mais del principio attivo imidacloprid sono sospesi in Francia; altri trattamenti delle sementi imidacloprid, come per le barbabietole da zucchero e cereali, sono ammessi, così come lo sono foliare.

      Alghe:

      Si tratta di un prodotto decisamente sconosciuto ai più, d’importazione giapponese e non biologico in senso stretto. La presenza delle alghe risale al periodo in cui sorsero i primi negozi di alimentazione alternativa, negli anni ‘70. Allora non si parlava di biologico, ma di macrobiotica. Essendo la macrobiotica di origine giapponese ecco giungere in Italia le alghe, tradizionale alimento di quel paese.
      Forse non tutti sanno che anche in alcune regioni italiane (Sardegna,Abruzzo) le alghe erano un alimento tradizionale. Anche se il biologico ha ampiamente superato l’ambito ristretto dei clienti macrobiotici, le alghe sono ancora oggi diffuse per il loro eccezionale valore nutritivo (vitamine e oligoelementi) e per la capacità di metabolizzare ed eliminare i metalli pesanti (specialmente utile dunque contro i metalli radioattivi). Inoltre le alghe laminarie, cotte insieme con i legumi, li rendono più digeribili.
      Le alghe più vendute sono la wakame, per le zuppe di miso, le kombu, laminarie, e poi iziki, arame, dulse e nori.
      Si vende anche l’alga kanten, cioè l’alga agar-agar usata come addensante.
      Introdurre nel pasto quotidiano un pezzetto d’alga di cin­que centimetri a persona, costituisce un buon apporto di micronutrientì.

      Seitan
      Si tratta di un prodotto proteico vegetale, costituito dalle proteine del frumento. Si prepara trattando la farina con acqua fino ad eliminarne tutto l’amido. Ciò che resta è il glutine, la parte proteica. Si tratta di proteine vegetali concentrate, che in quanto tali aumentano le percentuali degli amminoacidi essenziali per 100 g di prodotto. Con tale sistema si concentra soprattutto la lisina, unico amminoacido essenziale di cui sono poveri i cereali.

      Le proteine così separate sono cotte e a volte insaporite con salsa di sola e poi conservate. La consistenza, il colore ed il sapore ricordano un poco quelle della carne (sempre proteine sono).
      In una dieta strettamente vegetariana, a base cerealicola, il seitan è una fonte proteica importante.
      Il seitan si può ulteriormente cuocere per breve tempo e insaporire come si desidera. Anche se il paragone con la carne ne mortifica le eccellenti qualità, si tratta di un suo gustoso surrogato, che non ha il sapore dei fagioli, come per esempio certi prodotti di soia.
      Naturalmente il seitan potrebbe essere preparato a partire da farina non biologica, ma sul mercato italiano non esiste: è un tipico alimento dei negozi del biologico.
      Il seitan sì può anche fare a partire dal glutine di frumento, venduto da industrie agrarie, non è necessario partire dalla farina.
      In tal caso però risulta di consistenza più compatta. Quello preparato a partire dalla farina è più spugnoso e di gran lunga più gustoso.

      Tofu
      Alimento derivato dalla soia, ricco di proteine vegetali, tipico dei negozi del biologico. Si potrebbe anche fare con prodotti non biologici, ma è praticamente sconosciuto al di fuori del bio-circuito (in Italia).
      Viene anche chiamato formaggio di soia, perché è preparato a partire dal latte di soia, ma non ha assolutamente gusto di formaggio.
      È venduto in panetti bianchi che ricordano vagamente un pezzo di formaggio fresco senza crosta.
      Si prepara frantumando la soia gialla e facendola bollire con acqua. In tal modo l’acqua estrae grassi e proteine dalla soia e si trasforma in un liquido bianco, il latte di soia.Trattando il liquido col nigari, una particolare forma di sale marino (cloruro di magnesio) che funge da caglio vegetale, la parte proteica si coagula formando una sostanza solida bianca, il tofu appunto.
      Il tofu non ha alcun particolare sapore, ma è ricco delle proteine dei legumi. Si può quindi accompagnare ai cereali integrali per avere una miscela equilibrata di tutti gli amminoacidi essenziali di cui ha bisogno l’organismo umano. Il tofu va cotto con verdure (cipolle, aglio, carote o altro) ed insaporito a piacere con salsa di soia, peperoncino, prezzemolo o altro. Non avendo un gusto proprio si combina bene con quasi tutte le pietanze. Non va consumato da solo, perché è privo di gusto, a meno che non sia preparato di fresco.

      Shoyu
      Si tratta del prodotto liquido che risulta da anni di fermentazione di soia mescolata al sale e a un cereale, dopo aver asportato la parte solida che costituisce il miso. Prodotto altamente proteico e ricco di enzimi utili alla flora dell’intestino. Si usa per insaporire qualunque piatto. Si deve avere l’avvertenza di non cuocerlo, perché con l’alta temperatura gli enzimi si denaturano.
      Nei negozi convenzionali si trova col nome di salsa di soia, non biologica.

      Miso
      Condimento ottenuto facendo fermentare per anni una miscela di sale, soia e cereali. Si ottiene un solido ricco di proteine, vitamine ed oligoelementi, che si può usare come il nostro dado per brodo, è molto migliore perché è un toccasana per la flora intestinale.

      Non va mai fatto bollire, va quindi aggiunto a fine cottura. Ve ne sono almeno tre tipi: quello d’orzo e l’ hatcho miso, di sola soia.
      In estremo oriente si inizia ogni pasto con la zuppa di miso: un piccolo minestrone di verdure con un poco d’alga wakame a cui si aggiunge, alla fine, un cucchiaino di miso.

      Prodotti integrali
      Un discorso a parte riguarda gli integrali. L’aggettivo integrale si riferisce principalmente ai cereali, ma non solo. Significa intero, non sottoposto a processi di raffinazione. La raffinazione è una tecnica di trasformazione di prodotti agricoli che toglie delle parti al prodotto stesso. Questa “mutilazione” la subiscono i cereali e i loro derivati (farina di frumento, riso, pane, pasta), ma anche lo zucchero e il sale. Anche l’olio subisce processi di raffinazione; l’olio non raffinato non viene accompagnato dal termine “integrale”, bensì da altri, come “extra vergine”, oppure “di prima spremitura”, oppure ancora “di prima spremitura a freddo”.

      Un prodotto integrale contiene tutte le parti proprie del chicco o prodotto da cui deriva.
      Per esempio nel caso del riso, il chicco integrale conserva il pericarpo, l’embrione e lo spermoderma.
      Il prodotto raffinato manca di queste parti esterne, ricche di vitamine, proteine, fibra, oligoelementi e acidi grassi polinsaturi.
      Anche se la raffinazione produce alimenti più facili da cuocere ed in genere da trattare, i cibi bianchi sono meno ricchi di sostanze, più composti dal componente maggiore (più amido nel caso del riso) e più nuovi per la specie umana, perché l’umanità si è nutrita di cibi integrali dai primordi fino al secolo scorso.
      Il più importante dei componenti eliminati dalla raffinazione è la fibra. Le fibre formano la struttura di sostegno dei vegetali e sono costituite da carboidrati (polisaccaridi). Si trovano nei cereali, nei legumi, nella frutta e nella verdura.
      Dal punto di vista delle necessità dell’organismo è necessario ingerire tutti i tipi differenti di fibre che si trovano nelle diverse famiglie di vegetali citati.
      Negli anni passati la necessità di fibre per coloro che si alimentavano solo con prodotti bianchi è stata risolta con l’introduzione della crusca nella dieta. Ma questa non è una soluzione, perché si incentiva l’uso di una parte dell’alimento (crusca) staccata dall’alimento stesso (chicco), creando squilibrio nei rapporti fra due componenti. Con ogni probabilità se ne assumeva troppa e tutta insieme.
      Naturalmente un prodotto integrale può non essere biologico; nei negozi alimentari convenzionali si possono trovare alimenti integrali non biologici. Invece nei negozi di alimenti biologici si trovano cibi integrali provenienti soltanto da agricoltura col metodo biologico.
      Parimenti nei negozi biologici non si trovano solo alimenti integrali, bensì anche alimenti bianchi, cioè raffinati, ma rigorosamente biologici e anche alimenti semi integrali (che hanno subito un processo di raffinazione parziale) biologici anch’essi.

      Continua in:     Indice Autosufficienza in Agricoltura
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      https://it.wikipedia.org/wiki/Agricoltura_biologica

      Commento NdR: L’acquisto ed il consumo di alimenti Biologici e/o Biodinamici, per salvaguardare anche la salute della vostra famiglia, è uno dei modi per sostenere gli agricoltori che non utilizzano queste sostanze chimiche (concimi, fertilizzanti,  fitofarmaci,insetticidi) altamente tossiche e quindi per salvaguardare anche l’ambiente, in quanto l’industriaFarmaceutica-Chimica lo stadistruggendo a ritmo molto veloce, anche grazie al vostro disinteresse; per cui da DOMANI SOLO AlimentiBiodinamici–Biologici !.

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